Digiuno: benefici ed errori da evitare

Il digiuno è uno strumento molto potente per creare uno stimolo di adattamento per il corpo, ma bisogna fare attenzione ad alcuni particolari per ottenere miglioramenti, altrimenti se ne perdono i benefici.

Il digiuno può essere utile:

  • quando non si ha la possibilità di mangiare gli alimenti di cui si ha bisogno, evitando di consumare invece quelli che possono causare un’infiammazione,
  • per perdere peso e grasso,
  • per aumentare la sensibilità ormonale,
  • o semplicemente ai fini della longevità.

Recentemente è stato pubblicato uno studio che “sfata” il mito del digiuno: infatti da un punto di vista biologico, quello che fa la differenza ai fini della perdita di peso e grasso, è la restrizione calorica, non la finestra di nutrimento.
Non c’è nulla di magico nel digiuno intermittente, è che mangiare in un intervallo di tempo ridotto è più facile che mangiare quantità di cibo minori nei pasti nell’arco della giornata.

Quello che fa la differenza nel digiuno è l’abbassamento dei livelli dell’insulina, che se costantemente alta perché stimolata dai pasti troppo frequenti, inibisce alcuni processi di riparazione ed è quindi correlata con la maggior parte delle patologie e malattie.

Inoltre ci sono tutti gli aspetti della longevità, sirtuine e autofagia, di cui ho parlato qui.

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Perché dovresti considerare l’idea di fare digiuno

La maggior parte della popolazione soffre di una o più problematiche croniche legate al sistema digerente, tra cui riflusso, diarrea, costipazione, gonfiore, dolore addominale. Ma la maggior parte di queste persone non si rivolge al dottore perché crede che queste problematiche siano normali.

Per queste persone digiunare è altamente consigliato: riducendo il numero di pasti e facendo passare più tempo senza digestione, il corpo diventa più efficiente e si ottiene un abbassamento dell’infiammazione.

Ovviamente ad esso va associato anche l’eliminazione di alimenti riconosciuti come problematici, poiché è l’unica strada verso la guarigione.

Per digiuno si intende un periodo di tempo in cui si da una tregua al sistema digerente, non ingerendo alcuna caloria, e si può parlare di digiuno già dopo circa 6 ore dall’ultimo pasto.

Quando non consumi cibi o bevande che contengono calorie (quindi niente zucchero nel caffè, succhi di frutta o bibite gassate), il corpo utilizza come fonte energetica le scorte presenti nel corpo.
Nel frattempo è consentito bere acqua, te o caffè (senza aggiunta di altro) e assumere integratori di minerali e di vitamine.

Senza calorie da gestire nel flusso sanguigno non c’è in circolo insulina, ed entra in gioco il suo antagonista, il glucagone, l’ormone responsabile del catabolismo dei grassi e degli zuccheri.

L’effetto del digiuno sul corpo umano

La pratica del digiuno è nota all’uomo da migliaia di anni, eppure il motivo principale che ha portato nuovamente alla luce questa pratica, è stato il premio nobel dato a Yoshinori Ōhsumi nel 2016 e la scoperta dei benefici dell’autofagia.

Autofagia vuol dire “auto nutrimento” e la ricerca ha osservato come la cellula elimini proteine e altri organelli danneggiati, riciclandone il suo contenuto.

Tale processo avviene nel corpo umano in seguito al digiuno prolungato e consiste in una rigenerazione cellulare e una pulizia della cellula. Il corpo inizia a riciclarsi, rimpiazzando le proteine vecchie e danneggiate con quelle nuove, riducendo i batteri e le infezioni.
I benefici del digiuno e dell’autofagia non sono altro che un meccanismo di longevità per la rimozione dell’infiammazione e delle malattie.

Le fasi del digiuno

Queste sono le fasi fisiologiche che si verificano passando dalla fase di nutrimento a quella di digiuno, descritte da George Cahill negli anni 60:

  • La Fase 1, da subito dopo aver mangiato fino a 4 ore dopo, dove si alzano i livelli di glicemia per assorbire il cibo.
    Qui i 2 sensori dei nutrienti, insulina e mTor, vengono rilasciati così da accumulare parte di questa energia. Gli eccessi invece vengono accumulati come glicogeno o convertiti in grasso.

  • La Fase 2, il post assorbimento (da 4 alle 16 ore dopo il pasto)
    L’insulina si abbassa, inizia la digestione dell’energia e il glucosio utilizzato non proviene dal cibo ingerito, poiché è ancora nel fegato per essere utilizzato, ma dal fegato stesso.
    Nel fegato infatti è presente glicogeno sufficiente per dare energia per circa 20-24 ore.

  • La Fase 3, la Gluconeogenesi (dalle 16 alle 30 ore dopo il pasto)
    Il glicogeno del fegato inizia a scarseggiare, attivando il processo di gluconeogenesi, (letteralmente nascita di nuovo glicogeno).
    E’ in questa fase che si inizia a parlare di autofagia, il meccanismo di pulizia e rigenerazione in cui le cellule vengono “riciclate”, soprattutto quelle che non funzionano troppo bene, utilizzando gli amminoacidi per formare ciò che è necessario per la sopravvivenza della cellula.

  • La Fase 4, la Chetosi (dopo 2 giorni dall’inizio del digiuno)
    Questo è quello che si cerca di raggiungere quando si segue una dieta chetogenica: il corpo promuove la lipolisi, la demolizione del grasso, utilizzando i trigliceridi per produrre energia. Il risultato sono i chetoni, sostanze che possono essere utilizzate dal cervello come fonte energetica. C’è chi li considera anche una fonte più efficiente rispetto al glucosio.

  • Infine la Fase 5, la conservazione proteica (5-7 giorni dopo inizio digiuno)
    A questo punto la fame inizia a scomparire quasi del tutto, dovuto a un aumento dei livelli di stress e adrenalina, utili a prevenire l’abbassamento del metabolismo e il mantenimento della massa muscolare.
    Non dimentichiamo che i muscoli sono sempre la nostra più grande risorsa per permetterci di trovare del cibo, quindi il corpo cercherà sempre di risparmiarli più a lungo possibile.

Quali sono i metodi più utilizzati:

La forma di digiuno proclamata come migliore è quella intermittente, dove si alternano ore di privazioni di cibo con finestre di nutrimento.

I protocolli sono:

  • il più semplice e diffuso 16-8, dove si passano 16 ore a digiuno di e 8 ore in cui è possibile consumare calorie
  • Poi c’è il 18-6,
  • Il 20-4, dove si restringe ancora la finestra,
  • E l’OMAD, il pasto unico, in genere fatto nel tardo pomeriggio o sera, dove si passano 23 ore di digiuno e un’ora circa per la durata del pasto.

Poi c’è il digiuno prolungato, superiore alle 24-36 ore, che è qualcosa che non mi sento di consigliare.

Il record di digiuno è detenuto da un uomo scozzese, Angus Barbieri che nel 1971 fece 382 giorni di digiuno, solo con acqua e vitamine, partendo da 207 kg e arrivando a pesarne 82.

Gli aspetti da considerare e gli errori da evitare

Il digiuno però va approcciato gradualmente: è normale che se sei abituato a mangiare 4-5 volte al giorno, ridurre a 2-3 pasti quotidiani non è proprio semplice.
La fame si farà sentire e la tua mente non farà che pensare al cibo.

Il digiuno è come l’allenamento, si migliora con la pratica e con il tempo:

  • il senso di fame va affrontato assumendo dei nutrienti che ti permettano di restare sazio per oltre 4 ore.
    Perché a nessuno piace soffrire la fame.

  • Ridurre la finestra alimentare a 8 ore “dovrebbe” ridurre anche le quantità di cibo che consumi.
    Questo vuol dire che i pasti che consumerai non saranno una compressione di tutte le calorie che consumavi precedentemente in 2-3 pasti

  • Abitudine: oltre alla scelta degli alimenti è importante capire che la fame viene in determinati orari per abitudine.
    Se sei abituato a fare colazione, spuntino, pranzo e cena all’incirca stessa ora, il tuo corpo si aspetterà che tu mantenga questi ritmi. Quando li modifichi, otterrai una prima fase di adattamento in cui sarà “diverso” dal normale.

  • Fare digiuno e mangiare qualunque cosa capiti a tiro è più dannoso che benevolo.
    Mettendo il corpo in una condizione di privazione, diventa molto sensibile a ciò che gli viene somministrato: bisogna essere molto prudenti perciò nella scelta degli alimenti e nella loro distribuzione.

  • Il corpo umano non ha un timer
    I meccanismi fisiologici umani non rispettano tutti le stesse leggi del tempo, perciò dopo 16-18 o 36 ore non è detto che succeda un processo oppure un altro. Gli adattamenti avvengono lentamente e sono condizionati anche in baso allo stile di vita:
    Puoi anche fare digiuno, ma se non dormi, non ti alleni, mangi cibo spazzatura e avveleni il tuo corpo con fumo e alcool, hai intrapreso la strada verso la malattia, non verso il benessere.

  • Differenze tra i sessi: gli uomini e le donne hanno una tolleranza diversa al digiuno e ai nutrienti, pertanto i risultati tra i sessi sono diversi.
    L’uomo è in grado di tollerare il digiuno intermittente per periodi più lunghi rispetto alla donna, che invece ha una capacità maggiore di gestione delle risorse energetiche.


La finestra di nutrimento del digiuno sarebbe meglio sempre accoppiarla al sonno, per 2 motivi:

  1. In questo modo si da più tempo al corpo di riparare e rigenerare i tessuti, l’importante è non bisogna avere la glicemia alta durante il sonno.
    Quindi sarebbe meglio terminare la cena 2-3 ore prima di andare a letto, per non influenzare i ritmi e l’architettura del riposo, te ne ho parlato qui
  1. Poi, visto che già si fa digiuno durante il sonno, perché non aumentare la sua efficacia e durata?

Quando farlo e quanto spesso

Digiunare è altamente consigliato a persone che hanno infiammazioni e problematiche legate al sistema digestivo: riducendo il numero di pasti e lasciando più tempo di riposo al corpo si permette una digestione migliore e un abbassamento dell’infiammazione. E sicuramente eliminare alimenti riconosciuti come infiammanti è la migliore scelta verso la guarigione.

All’inizio ti consiglio di provare il digiuno nel fine settimana o comunque quando non vai a lavoro.
Non rischiare di essere in una situazione nuova, di possibile disagio, quando non puoi avere il controllo di cosa mangiare.
Poi quando gradualmente ti sarai abituato a gestire la fame, potrai farlo quando preferisci.

Come linea generale il consiglio è di non farlo tutti i giorni, ma di non superare le 5 volte a settimana.
Riducendo il numero di pasti dovresti ridurre inevitabilmente anche il numero di calorie assunte.
Il corpo reagisce a questo deficit abbassando il metabolismo, come se la tua macchina abbassasse i giri del motore quando metti meno benzina nel serbatoio.

Quando il metabolismo rallenta si ha come effetto un minore dispendio energetico. Questo vuol dire che il corpo consuma di meno e tutte le calorie extra vengono accumulate per poter resistere più a lungo.

Tradotto: se mangi meno, il metabolismo rallenta e si blocca la combustione dei grassi che invece vengono conservati con cura.

Allenamento e prestazione sportiva a digiuno

E’ possibile (e anche consigliato) fare allenamento a digiuno, ma vanno considerati 2 aspetti:

  • se l’attività è svolta con lo scopo del dimagrimento o per migliorare la composizione corporea
  • oppure come prestazione sportiva

Nel primo caso l’obiettivo dell’allenamento è quello di mettere il corpo in uno stato di stress per utilizzare le proprie scorte di grasso e diventare più efficiente.
Per questo allenarsi a digiuno può essere un’ottima idea per poter sfruttare al massimo la finestra allenante e creare un adattamento.

Hai presente il luogo comune “mangia prima di fare sport, altrimenti non hai energie?”
Davvero credi di non avere energie per fare un’oretta di allenamento?
Se stai facendo attività fisica per dimagrire, deduco che di energie ne hai accumulate fin troppo in passato. USALE.

Nel caso di prestazione sportiva invece il discorso cambia:
che sia la finale di champions League oppure il torneo del quartiere, se il tuo obiettivo è quello di performare al massimo delle tue capacità senza il minimo cenno di stanchezza, farlo a digiuno non è la scelta migliore.
Quando si parla di attività alla massima espressione di forza, il corpo a digiuno è in grado di resistere 40-50 minuti prima di esaurire le riserve energetiche di rapido utilizzo.


I pro del digiuno sono tanti, dalla pulizia delle cellule vecchie all’utilizzazione di grasso, dall’abbassamento dell’infiammazione alla maggiore efficienza cerebrale, oltre ad essere uno stimolo di adattamento.

I contro invece sono pochi, ma da non sottovalutare:
Rispettando le indicazioni di aprire e chiudere il digiuno con i nutrienti adatti, quelli che potrebbero essere dei problemi sono:

  • per chi si allena o è molto attivo, perché limitando la finestra di nutrimento potrebbe essere difficile raggiungere il fabbisogno calorico.
    Matematicamente, se si fa digiuno più volte a settimana, ci si potrebbe ritrovare con un apporto calorico molto inferiore a quello di cui ha bisogno.
  • per una donna incinta fare digiuno è altamente sconsigliato, visto che deve nutrire il proprio feto,
  • e se l’obiettivo è aumentare la massa muscolare o prendere peso. In questo caso il digiuno non è sicuramente la scelta migliore.

In base alle proprie esigenze ed obiettivi, ognuno è libero di scegliere se utilizzare o meno il digiuno.
Se vuoi provare, ti consiglio di usare il protocollo che ti risulta meno difficile da applicare e che riesci a praticare più spesso. Come sempre, quello che fa la differenza è ciò che si riesce a fare più a lungo e senza troppa resistenza.
Inoltre considera il digiuno come un allenamento, che migliora a mano a mano che lo fai.

Prenditi cura di te,

Alessandro Monacelli

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